Difendere i SerT

Nel sociale-al-lavoro, così lo definisco il lavoro sociale nel mio libro “Il rovescio del sociale”, vi sono ambiti più sottoposti di altri al giudizio dell’opinione pubblica ed ai capricci, alle stravaganze della politica emozionale, sia nazionale e sia locale. Uno tra questi è la tossicodipendenza e la sua cura.

La tossicodipendenza tocca i nervi scoperti della società e si situa nello spazio urbano come elemento incontrollabile, nascondendosi nel rapporto che ognuno di noi ha con i dispositivi messi a disposizione dalla chimica per cercare il piacere o, ancora meglio, definire percorsi autogestiti di cura dai propri dis-piaceri.

Tralasciando in questa sede il discorso statistico sociologico sul consumo normalizzato, integrato ed individualizzato (discorso a volte noioso e forse un po’ inutile), se volgiamo uno sguardo a quanto oggi viene proposto dalle istituzioni per la cura del tossicomane, non possiamo che fare riferimento ai SerT. Questi servizi, inglobati a mio parere in modo improprio nei Dipartimenti di Salute Mentale, sono da qualche settimana sul piede di guerra.

Almeno questo è quanto accade nel territorio bolognese.

Le ragioni di questo stato di agitazione, dove in campo sono scesi i sindacati e l’interessamento attivo della Prefettura, non sono dai giornali locali esposte con chiarezza. Per saperne qualcosa in più, per chi come me è da qualche tempo che nei e con i SerT non ci lavora più, occorre chiedere agli operatori.

Quello che sta avvenendo a questi servizi è all’interno di una lenta ed inesorabile trasformazione dei SerT in “macchine da invio” al privato (gestore di strutture di vario genere, più o meno dotate di strumenti sanitari, con finanziamenti pubblici) e in organizzazioni svuotate del loro compito primario, ossia la cura del tossicomane in un’ottica di integrazione socio-sanitaria. Questo cambiamento oggi vede ad es. il taglio di un servizio con il passaggio da tre a due SerT cittadini (in passato erano cinque). Già questo dato lascia perplessi, sia guardando i dati che rilevano un aumento dei consumi, e sia considerata la frammentazione nell’area metropolitana di questi consumi al di fuori dei contesti classici ormai famosi in tutto il territorio nazionale (Piazza Verdi, ad es. è conosciuta  da tutti gli under 25 che parlano di Bologna e sono residenti in altre città del nord e del sud).

Logica vorrebbe che sul territorio ci debbano essere più SerT, non solo due, e dislocati in maniera più equa sul territorio. E che questi avessero tra i loro compiti la gestione e l’organizzazione di servizi in strada (e anche qui è un punto dolente per varie ragioni di cui parlerò nei prossimi articoli) per monitorare e facilitare gli accessi alla cura.

Logica vorrebbe che, se è vero che il consumo si è integrato e normalizzato, il lavoro è più quello di consulenza, riduzione del danno, in ambito ambulatoriale e gestito in buona parte da personale psico-socio-educativo. E che l’intervento del medico (non psichiatra come molti vorrebbero) fosse una delle possibilità nel caso si debbano avviare interventi farmacologici.

Ma le cose non stanno così. E allora bisogna difendere i SerT, ripensando a quanto era buona e ricca di significati la legge 162/90 che li ha istituiti (segue…)

Pubblicato da Paolo Patuelli

Sociologo Clinico, Counselor ad Orientamento Psicoanalitico

2 pensieri riguardo “Difendere i SerT

  1. in breve.
    Il tema della Dipendenza patologica non è minimamente affrontata dai Sert. Forniscono solo farmaci, senza controllo, e senza comprensione. Sono un’occasione di uso di farmaci al posto delle droghe da strada ….
    Chiudeteli tutti e date a chi li richiede droghe vere sotto il controllo medico ….
    Basta placebo.

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    1. Sono stati disegnati bene sulla carta e gettati male nella realtà dove tra i servizi erano un ibrido, una cosa strana, un UFO da monitorare… Chi ci lavora, schiacciato dalla quotidianità, non può molto rispetto alle scelte di chi dirige la baracca dall’alto e pensa al consenso politico, facendo di questi servizi il distributore di risorse (pubbliche…) a pioggia per realtà oggi più potenti del Pubblico e più forti nel mercato della solidarietà. Chiudere i SerT è la sconfitta del Pubblico e dell’idea che gli sta dietro.

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