“Facciamo del bene tutti i giorni e riceviamo insulti di continuo”. Questo virgolettato è l’incipit di un breve articolo a firma Valerio Varesi, apparso sabato 21 settembre 2019 sulla pagina locale bolognese di Repubblica.
Chi fa del bene? Chi viene quotidianamente insultato?
A fare del bene e ad essere insultati sarebbero 54.000 soci, di cui 1400 persone definite svantaggiate, 915 aziende con 44.000 addetti con un fatturato di 2,2 miliardi di Euro. Questi numeri disegnano il movimento della cooperazione sociale dell’Emilia Romagna. Ad enunciare e a denunciare questa campagna diffamatoria sui social è l’assemblea delle coop sociali, attraverso le parole del suo portavoce Alberto Alberani, presidente di Legacoop Sociali.
Si tratta di una cosa molto grave che giustamente va sottolineata e denunciata laddove qualcuno, con le sue parole a vanvera sui social, intendesse colpire il lavoro quotidiano di tanti che ogni giorno svolgono un mestiere nobile, con una paga da fame (contratti ridicoli, sottoposti a continui ribassi, aggiustamenti), tanto volontariato, scarso appoggio istituzionale e carichi di stress emotivo e fisico che fanno del lavoro sociale, specie se da “esternalizzato”, una delle professioni più logoranti.
Bene fa dunque l’assemblea di Legacoop Sociali a comunicare la sua indignazione: nessuno tocchi Abele. Non c’è dubbio alcuno che il bene verso il prossimo che ogni singolo operatore cerca di fare dalla sua posizione debba essere non solo tutelato e sostenuto, ma anche valorizzato. Con una paga degna, un riconoscimento professionale, un appoggio politico forte da chi governa (dagli Enti Locali al Governo centrale) e l’organizzazione dei tempi di lavoro che tuteli la salute del lavoratore. Il lavoro sociale ha bisogno di questo per non scadere nell’attuale situazione dove, questo “esercito” di “54.000 soci, di cui 1400 persone definite svantaggiate, 915 aziende con 44.000 addetti” non mi pare se la passi molto bene, nonostante il “fatturato di 2,2 miliardi di Euro”.
C’è qualcosa che stona in quanto scritto in quell’articolo. Se l’argomento che fa notizia, dopo un’assemblea di Legacoop Sociali, non è quanto penosa sia la condizione di chi lavora nel sociale, per concentrarsi invece su quanto siano poco sociali i social (ma veramente?) verso le “rappresentanze” che dovrebbero rappresentare la realtà dei lavoratori (soci-lavoratori), qualcosa non torna.