L’ascolto dei segni

Avete seguito il dibattito parlamentare?

Tra le altre cose – cercando di valutare la qualità del discorso al di là della quantità delle parole emesse da ogni singolo banditore – ad un certo punto mi sono accorto che le cose più interessanti, nello schermo davanti a me, accadevano nella parte di esso in cui erano stati collocati i traduttori nel linguaggio dei segni. Le espressioni di questi due professionisti ( un uomo e una donna), associate al loro gesticolare che un po’ intuivo e un po’ rimaneva a me misterioso, portava sulla scena una rappresentazione diversa da quella commentata in studio dai vari direttori di testate, politologi e tuttologi. Vederli all’opera mi dava una certa serenità che superava la mestizia per la pochezza del dibattito in corso. Qualcuno lì, dentro lo schermo televisivo, stava facendo uno sforzo in nome di qualcosa (il servizio pubblico) e a servizio di qualcuno per tradurre con dei segni discorsi per il sottoscritto scarsi di significato. Così, nell’operato del traduttore nella lingua dei segni, ho intravisto una qualche dignità ridata alla parola. Questo perché la traduzione era l’estremo tentativo di svestire la parola dai suoi orpelli rimandandola a noi prima di tutto come segno.

Davanti a questo schermo televisivo diviso, ho deciso ad un certo punto di abbassare il volume e osservare con attenzione quello che avveniva dalla parte del traduttore nella lingua dei segni. Mi hanno colpito allora alcune cose.

1) L’uomo dei segni e la donna dei segni non indossavano la mascherina come i senatori di turno al loro microfono: il loro labbiale doveva essere leggibile allo sguardo. Indaffarati ad alzarla o abbassarla un po’ la mascherina (vince su tutte il classico modello FP3 bianco) i senatori ansimavano nelle loro performance oratorie, un po’ alla Dart Fener di Guerre Stellari. D’altronde, la diretta televisiva concedeva loro quei cinque o sei minuti per mettere a segno l’obiettivo: farsi notare dal pubblico in vista di un prossimo turno elettorale (forse non così lontano nel tempo).

2) Della donna dei segni e dell’uomo dei segni non ci era dato di sapere il loro schieramento politico. Il loro tradurre è stato imparziale (non credo che qualche oratore si sia lamentato della traduzione) e le loro espressioni del volto apparivano sempre pacificamente concentrate a far coincidere il loro gesto alla parola pronunciata nell’aula parlamentare. All’interno di un contesto linguisticamente confuso e incolore, i traduttori – con i loro gesti e il labbiale silenzioso – hanno fatto lo sforzo di ridare un qualche peso alle parole pronunciate in Senato riportandole allo stato grezzo di segni. Al ricevente, non udente e udente, lo sforzo di far corrispondere un qualche significato a quel segno.

3) Come penso gli stenografi (esistono ancora o una macchina li ha eliminati?), anche i traduttori nella lingua dei segni hanno fatto in quel contesto un grande servizio per tutta la comunità. Hanno dato a tutti noi la possibilità di vivere un’esperienza sensoriale soggettivamente e politicamente rilevante. Nel loro silenzio gentile e nei gesti leggeri disegnati nell’aria ci hanno trasportati all’interno di una possibilità, rovesciando in positivo (per noi udenti) quella che purtroppo per tanti è una disabilità. Hanno condiviso con noi un modo differente di intendere le parole quando esse divengono tentativi affannati di ottenere approvazione, consenso, riconoscimento. Azzerando il volume, in loro compagnia, abbiamo avuto la possibilità di distogliere lo sguardo dal gesticolare scomposto del banditore (o bandito-re) e dal contesto fumoso nel quale si agitava, per sentirci uniti in un ascolto raro e silenzioso che forse dovremmo praticare più spesso per acquisire maggiore consapevolezza dei tempi tristi che stiamo attraversando ai quali dovremmo reagire in qualche modo.

Il traduttore nella lingua dei segni ha retto la scena facendoci vedere la differenza tra il valore d’uso di ciò che stava facendo opposto al valore di scambio che si stava sviluppando nella parte confusa dello schermo. Al primo dico grazie: lui e lei sono il segno del possibile cambiamento. Per quanto riguarda gli scambisti della politica: non resta che lasciarli al loro destino di deperire come tutte le merci.

Pubblicato da Paolo Patuelli

Sociologo Clinico, Counselor ad Orientamento Psicoanalitico

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